giovedì 9 luglio 2020

Ancora sul Trust, strumento principe dell' Asset Protection




Torno volentieri sul concetto di Trust, perché per la cultura giuridica italiana è ancora nella fase dei primi passi, nonostante negli ultimi vent’anni le sentenze a proposito siano state numerose e spesso concordanti, al contrario esso è un istituto ben consolidato, e oso dire antico, per la “common law”, cui si fa spesso riferimento, in particolare per i Trust secondo la legge del Jersey.

Controllo, gestione ed amministrazione di beni, di eredità, rappresentanza di partecipazioni societarie qualificate e non, garanzie di adempimento previste contrattualmente, esecuzione e/o verifica di presupposti all’esecuzione di contratti, sono alcune tra le ragioni che possono giustificare ed a volte rendere quanto mai opportuna, se non necessaria, la costituzione di un Trust.

Quando un imprenditore o un investitore (italiano) pensa al proprio patrimonio, pensa a diritto di proprietà, diritto d’uso, e beneficiario come un tutt’uno. Nel caso del Trust non è così.
Il concetto base e lo scopo del Trust è la separazione della proprietà di alcuni beni del Settlor (colui che costituisce il Trust), attribuendoli alla gestione di un Trustee per un determinato scopo, generalmente a vantaggio di alcuni Beneficiari.
I soggetti che intervengono nella costituzione di un Trust sono tre:
a) Il Settlor (il proprietario originario del bene costituito in Trust)
b) Il Trustee (chi acquisisce la proprietà del bene finalizzata allo scopo indicato dal Settlor)
c) Il/i Beneficiari
In alcuni casi può essere indicato anche un Protector che ha lo scopo di controllare che la volontà del Settlor sia rispettata.

In un contesto di abbinamento di diversi strumenti di pianificazione patrimoniale e/o societaria, anche le società fiduciarie possono essere incaricate di fare il ruolo di Trustee, ovvero di gestore del Trust (utilizzo già sperimentato nell’ambito dei Trust costituiti all’estero): si consiglia una fiduciaria italiana o svizzera, la quale possa garantire indipendenza e imparzialità nello svolgimento del proprio ruolo.






Il Trustee infatti assume obblighi solamente nei confronti dei Beneficiari, non invece nei confronti del Settlor il quale, con la costituzione del Trust, perde qualsivoglia controllo o potere nei confronti del Trustee (a meno che egli stesso assuma la veste di Trustee, di Beneficiario o di Protector). Si consideri poi che il Beneficiario può essere sempre modificato, così come il Settlor può dare indicazioni al Trustee di scegliere un diverso beneficiario a seconda dell’avverarsi di alcuni eventi.

Se istituito il Protector, ha poteri di controllo dell’attività del Trustee, di verifica del compimento dei suoi obblighi e del perseguimento degli scopi per cui il Trust è stato istituito. La figura del Protector consente anche di evitare l’assimilazione / reinterpretazione del contratto di Trust in semplice contratto di mandato o contratto fiduciario: infatti quest’ultimo ha solamente due figure, il mandante e il mandatario (oppure il fiduciante e il fiduciario). In altre parole, un Trust con solamente un Settlor ed un Trustee può essere giuridicamente ricondotto ad un contratto del codice civile. La figura del Protector inserisce invece un terzo soggetto che qualifica indiscutibilmente il contratto di Trust come tale (tipico della “Common Law”).

Il Trust può essere utilizzato per assicurare la separazione del patrimonio personale dell’imprenditore da quello dell’azienda, garantendo che esso non possa essere aggredito da terzi che vantano diritti nei confronti dell’azienda. In aggiunta il patrimonio del Trust è segregato anche dal patrimonio del Trustee, e da quello dei Beneficiari. Per questo motivo l’istituto del Trust va attentamente valutato in ogni azione di Asset Protection.

La giurisprudenza italiana si è giustamente interessata ai casi in cui l’utilizzo del Trust era stato concepito per sottrarre, in modo evidentemente fraudolento, alcuni asset alle pretese di creditori, e questo è avvento con un crescente numero di sentenze. Come ho già rilevato altrove, la protezione del proprio patrimonio deve avvenire prima che sorgano i problemi. Quando invece i problemi sono oramai sorti, tutti gli ordinamenti sono in grado di proteggere i creditori che, a giusta ragione, richiedono l’intervento del giudice.
D’altro canto quello che accomuna tutte le sentenze avverse a Trust “truffaldini”, è la piena coerenza delle motivazioni adottate, che denota un sentire comune circa alcuni punti fondamentali dei trust, cosa che non può che rappresentare un positivo elemento di certezza per coloro che utilizzano questo istituto: l’attenta analisi svolta sulle pronunce dimostra come il ricorso abusivo allo strumento non possa sperare di ricevere protezione da parte dell’ordinamento.

Quindi, è probabilmente questa una delle attenzioni maggiori che deve porre in essere il disponente di un trust, ossia la presenza di situazioni debitorie a suo carico, che possono determinare in futuro l’azione revocatoria.

Assai interessante a mio avviso l’utilizzo del Trust nei procedimenti di separazione e di divorzio perché esso può servire per dare una sistemazione ai beni comuni, risolvendo le controversie insorte circa l’intestazione e l’utilizzo degli stessi, con lo scopo anche di garantire il mantenimento dei figli fino al raggiungimento dell’indipendenza economica (M. Dogliotti, F. Piccaluga, I  trust nella crisi della famiglia , in  Fam. e dir. , 2003, 301)
Così,l’istituzione di un trust può essere inserita nel verbale di separazione consensuale dei coniugi, soggetto poi all’omologazione, o nel ricorso congiunto di divorzio e confermato nella successiva sentenza del tribunale.
I trust potrebbero essere compresi nell’ampia nozione di “idonea  garanzia reale e personale” che il giudice può stabilire a carico dell’obbligato, a i sensi dell’articolo  156, c. 3  c.c. e dell’art. 8, c. 1 della L. div.  n. 898/1970.
La casa conferita in trust, regolato dalla legge del Jersey, fuoriesce così in via definitiva dal patrimonio dei disponesti (i genitori divorziandi). Un esempio è il Trust, in cui l’ufficio di trustee è affidato alla madre, che mira a salvaguardare il soddisfacimento delle esigenze abitative delle minori ed il loro mantenimento fino al completamento del ciclo di studi ed al raggiungimento dell’autosufficienza economica e, comunque, fino al compimento del ventiseiesimo anno di età della figlia più giovane.

Un altro caso molto rilevante di utilizzo del Trust è quello in cui diventa mezzo di tutela dei soggetti svantaggiati.
L’amministrazione di sostegno, introdotta nell’ordinamento dalla Legge 9 gennaio 2004 , n. 6, si applica a persone che “per effetto di una infermità o di una menomazione fisica o psichica si  trovino nell’impossibilità, anche parziale o temporanea di provvedere ai propri interessi”.
La genericità del dettato normativo lascia spazio ad un’amplia applicazione pratica.

Infine, un caso particolare dell’utilizzo del Trust è quello in presenza di beni culturali.
Il trust – i cui effetti, è bene evidenziarlo, non sono in alcun modo riproducibili mediante l’utilizzo combinato degli istituti civilistici presenti nell’ordinamento giuridico italiano  – , consente  di creare un vero e proprio sistema giuridico su misura, una sorta di solida cassaforte giuridica “speciale” nel cui forziere può essere custodita qualsivoglia tipologia di beni (mobili, immobili,  mobili registrati, quote societarie, crediti futuri), ivi compresi i beni artistici. Appare dunque  evidente l’utilità che deriva dall’istituzione di un trust per la gestione, e, quindi, la tutela e/o il  trasferimento anche di beni culturali.
Infatti, qualora un soggetto, persona fisica o giuridica, possieda beni di particolare valore artistico  (ad esempio una collezione di opere d’arte, od anche le proprie opere di artista), potrebbe decidere di vincolare detti beni mediante la costituzione di un trust, con tutti i vantaggi in precedenza descritti in termini di effetti segregativi dei beni che discendono dal trust medesimo, di guisa che siffatto patrimonio artistico viene anche coperto da anonimato e segretezza, con l’ulteriore conseguenza che allo stesso risulta assicurata una destinazione unitaria post mortem di disciplina in ambito familiare della successione ereditaria, ovvero di devoluzione dei beni ad enti che li usano per istituire musei o per seguire altre pubbliche finalità (es. allestire mostre; etc.)

Un caso particolare è l’utilizzo del Trust a seguito di successione di fondatore di azienda.
In questo caso ci si può trovare di fronte a due o più successori, e si potrebbe porre il problema della scelta di chi dovrà assumere il comando dell’azienda.
La circostanza che può indurre alla costituzione del trust è rappresentata dalla necessità dell’imprenditore di individuare un successore competente. La segregazione tra i beni del settlor (il capofamiglia), il trustee (che gestisce il trust per conto del capofamiglia), e i beneficiari (indicativamente i figli) permette al trustee di prendere decisioni relative alla gestione dell’azienda, allo scopo di rispettare le indicazioni del Settlor e di massimizzare il beneficio per gli eredi, a volte anche rimandando il momento della decisione all’avverarsi di condizioni previste dal Settlor.

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