Torno volentieri sul concetto di Trust, perché
per la cultura giuridica italiana è ancora nella fase dei primi passi,
nonostante negli ultimi vent’anni le sentenze a proposito siano state numerose
e spesso concordanti, al contrario esso è un istituto ben consolidato, e oso
dire antico, per la “common law”, cui si fa spesso riferimento, in particolare
per i Trust secondo la legge del Jersey.
Controllo, gestione ed amministrazione di
beni, di eredità, rappresentanza di partecipazioni societarie qualificate e
non, garanzie di adempimento previste contrattualmente, esecuzione e/o verifica
di presupposti all’esecuzione di contratti, sono alcune tra le ragioni che
possono giustificare ed a volte rendere quanto mai opportuna, se non
necessaria, la costituzione di un Trust.
Quando un imprenditore o un investitore
(italiano) pensa al proprio patrimonio, pensa a diritto di proprietà, diritto
d’uso, e beneficiario come un tutt’uno. Nel caso del Trust non è così.
Il concetto base e lo scopo del Trust è la
separazione della proprietà di alcuni beni del Settlor (colui che costituisce
il Trust), attribuendoli alla gestione di un Trustee per un determinato scopo,
generalmente a vantaggio di alcuni Beneficiari.
I soggetti che intervengono nella
costituzione di un Trust sono tre:
a) Il Settlor (il proprietario originario del
bene costituito in Trust)
b) Il Trustee (chi acquisisce la proprietà
del bene finalizzata allo scopo indicato dal Settlor)
c) Il/i Beneficiari
In alcuni casi può essere indicato anche un
Protector che ha lo scopo di controllare che la volontà del Settlor sia
rispettata.
In un contesto di abbinamento di diversi
strumenti di pianificazione patrimoniale e/o societaria, anche le società
fiduciarie possono essere incaricate di fare il ruolo di Trustee, ovvero di
gestore del Trust (utilizzo già sperimentato nell’ambito dei Trust costituiti
all’estero): si consiglia una fiduciaria italiana o svizzera, la quale possa
garantire indipendenza e imparzialità nello svolgimento del proprio ruolo.
Il Trustee infatti assume obblighi solamente
nei confronti dei Beneficiari, non invece nei confronti del Settlor il quale,
con la costituzione del Trust, perde qualsivoglia controllo o potere nei
confronti del Trustee (a meno che egli stesso assuma la veste di Trustee, di Beneficiario
o di Protector). Si consideri poi che il Beneficiario può essere sempre
modificato, così come il Settlor può dare indicazioni al Trustee di scegliere
un diverso beneficiario a seconda dell’avverarsi di alcuni eventi.
Se istituito il Protector, ha poteri di
controllo dell’attività del Trustee, di verifica del compimento dei suoi
obblighi e del perseguimento degli scopi per cui il Trust è stato istituito. La
figura del Protector consente anche di evitare l’assimilazione /
reinterpretazione del contratto di Trust in semplice contratto di mandato o
contratto fiduciario: infatti quest’ultimo ha solamente due figure, il mandante
e il mandatario (oppure il fiduciante e il fiduciario). In altre parole, un
Trust con solamente un Settlor ed un Trustee può essere giuridicamente
ricondotto ad un contratto del codice civile. La figura del Protector inserisce
invece un terzo soggetto che qualifica indiscutibilmente il contratto di Trust
come tale (tipico della “Common Law”).
Il Trust può essere utilizzato per assicurare
la separazione del patrimonio personale dell’imprenditore da quello
dell’azienda, garantendo che esso non possa essere aggredito da terzi che
vantano diritti nei confronti dell’azienda. In aggiunta il patrimonio del
Trust è segregato anche dal patrimonio del Trustee, e da quello dei Beneficiari.
Per questo motivo l’istituto del Trust va attentamente valutato in ogni azione
di Asset Protection.
La giurisprudenza italiana si è giustamente
interessata ai casi in cui l’utilizzo del Trust era stato concepito per
sottrarre, in modo evidentemente fraudolento, alcuni asset alle pretese di
creditori, e questo è avvento con un crescente numero di sentenze. Come ho già
rilevato altrove, la protezione del proprio patrimonio deve avvenire prima che
sorgano i problemi. Quando invece i problemi sono oramai sorti, tutti gli
ordinamenti sono in grado di proteggere i creditori che, a giusta ragione,
richiedono l’intervento del giudice.
D’altro canto quello che accomuna tutte le sentenze
avverse a Trust “truffaldini”, è la piena coerenza delle motivazioni adottate, che
denota un sentire comune circa alcuni punti fondamentali dei trust, cosa che
non può che rappresentare un positivo elemento di certezza per coloro che
utilizzano questo istituto: l’attenta analisi svolta sulle pronunce dimostra
come il ricorso abusivo allo strumento non possa sperare di ricevere protezione
da parte dell’ordinamento.
Quindi, è probabilmente questa una delle attenzioni
maggiori che deve porre in essere il disponente di un trust, ossia la presenza
di situazioni debitorie a suo carico, che possono determinare in futuro
l’azione revocatoria.
Assai interessante a mio avviso l’utilizzo
del Trust nei
procedimenti di separazione e di divorzio perché esso può servire per dare una
sistemazione ai beni comuni, risolvendo le controversie insorte circa
l’intestazione e l’utilizzo degli stessi, con lo scopo anche di garantire il
mantenimento dei figli fino al raggiungimento dell’indipendenza economica (M.
Dogliotti, F. Piccaluga, I trust nella
crisi della famiglia , in Fam. e dir. , 2003,
301)
Così,l’istituzione di un trust può essere inserita nel
verbale di separazione consensuale dei coniugi, soggetto poi all’omologazione,
o nel ricorso congiunto di divorzio e confermato nella successiva sentenza del
tribunale.
I trust potrebbero essere compresi nell’ampia nozione
di “idonea garanzia reale e personale”
che il giudice può stabilire a carico dell’obbligato, a i sensi dell’articolo 156, c. 3 c.c. e dell’art. 8, c. 1 della L. div. n. 898/1970.
La casa conferita in trust, regolato dalla legge del
Jersey, fuoriesce così in via definitiva dal patrimonio dei disponesti (i
genitori divorziandi). Un esempio è il Trust, in cui l’ufficio di trustee è
affidato alla madre, che mira a salvaguardare il soddisfacimento delle esigenze
abitative delle minori ed il loro mantenimento fino al completamento del ciclo
di studi ed al raggiungimento dell’autosufficienza economica e, comunque, fino
al compimento del ventiseiesimo anno di età della figlia più giovane.
Un altro caso molto rilevante di utilizzo del Trust è
quello in cui diventa mezzo di tutela dei soggetti svantaggiati.
L’amministrazione di sostegno, introdotta
nell’ordinamento dalla Legge 9 gennaio 2004 , n. 6, si applica a persone che
“per effetto di una infermità o di una menomazione fisica o psichica si trovino nell’impossibilità, anche parziale o
temporanea di provvedere ai propri interessi”.
La genericità del dettato normativo lascia spazio ad
un’amplia applicazione pratica.
Infine, un caso particolare dell’utilizzo del Trust è
quello in presenza di beni culturali.
Il trust – i cui effetti, è bene evidenziarlo, non
sono in alcun modo riproducibili mediante l’utilizzo combinato degli istituti
civilistici presenti nell’ordinamento giuridico italiano – , consente di creare un vero e proprio sistema giuridico
su misura, una sorta di solida cassaforte giuridica “speciale” nel cui forziere
può essere custodita qualsivoglia tipologia di beni (mobili, immobili, mobili registrati, quote societarie, crediti
futuri), ivi compresi i beni artistici. Appare dunque evidente l’utilità che deriva dall’istituzione
di un trust per la gestione, e, quindi, la tutela e/o il trasferimento anche di beni culturali.
Infatti, qualora un soggetto, persona fisica o
giuridica, possieda beni di particolare valore artistico (ad esempio una collezione di opere d’arte, od
anche le proprie opere di artista), potrebbe decidere di vincolare detti beni
mediante la costituzione di un trust, con tutti i vantaggi in precedenza
descritti in termini di effetti segregativi dei beni che discendono dal trust medesimo,
di guisa che siffatto patrimonio artistico viene anche coperto da anonimato e
segretezza, con l’ulteriore conseguenza che allo stesso risulta assicurata una
destinazione unitaria post mortem di disciplina in ambito familiare della
successione ereditaria, ovvero di devoluzione dei beni ad enti che li usano per
istituire musei o per seguire altre pubbliche finalità (es. allestire mostre; etc.)
Un caso particolare è l’utilizzo del Trust a seguito
di successione di fondatore di azienda.
In questo caso ci si può trovare di fronte a due o più successori,
e si potrebbe porre il problema della scelta di chi dovrà assumere il comando dell’azienda.
La circostanza che può indurre alla
costituzione del trust è rappresentata dalla necessità dell’imprenditore
di individuare un successore competente. La segregazione tra i beni del settlor
(il capofamiglia), il trustee (che gestisce il trust per conto del
capofamiglia), e i beneficiari (indicativamente i figli) permette al trustee di
prendere decisioni relative alla gestione dell’azienda, allo scopo di rispettare
le indicazioni del Settlor e di massimizzare il beneficio per gli eredi, a
volte anche rimandando il momento della decisione all’avverarsi di condizioni
previste dal Settlor.