domenica 9 novembre 2014

Perché Cassa Depositi e Prestiti investe in Rocco Forte?

Intanto diamo la notizia che è del 7/11(Il Sole 24 Ore Radiocor)

""Il Fondo Strategico Italiano e il Gruppo Rocco Forte Hotels hanno sottoscritto un accordo di investimento che prevede l'ingresso del Fondo nel capitale del gruppo alberghiero, per un piano di sviluppo incentrato sull'Italia. 
Lo comunica la Cassa Depositi e Prestiti, precisando che l'accordo, che rappresenta la prima iniziativa di Fsi nel settore turistico, prevede l'ingresso di Fsi e Fsi Investimenti (societa' detenuta per circa 77% da Fsi e per circa 23% da Kuwait Investment Authority) nel 23% della societa' alberghiera, con sede a Londra, per un importo di 60 milioni di sterline, pari a circa 76 milioni di euro. L'operazione e' interamente effettuata in aumento di capitale.""

La notizia circolava da luglio scorso, vedasi l'articolo di Stefano Sansonetti su  Notiziagiornale.it, ma la conferma mi è arrivata via Twitter da @giusva82, che ringrazio.

La domanda è, perché mai CDP investe nel Gruppo Forte?

Intanto va ricordato che Il Gruppo Rocco Forte ha sempre avuto rapporti piuttosto diretti con l'ente pubblico.
Come ricorda Sansonetti, qui si tratta dello Stato che interviene direttamente o indirettamente anche attraverso Fondo Strategico Italiano in un'attività immobiliare di un gruppo privato quotato a Londra acquisendo il 23% del capitale sociale.

Anche l'operazione Perla Ionica di cui abbiamo parlato in Agosto 2014 (vedi la parte finale di questo post) aveva caratteristiche simili, una società controllata da un fondo estero (Qatarino), e l'immissione di finanziamenti pubblici (solo per la ristrutturazione dell'hotel).

Siamo d'accordo con chi pensa che il sistema alberghiero italiano sia oggi squalificato dalla caduta rovinosa di albergatori (per amor di patria evito di nominarli) che negli anni 2000 hanno fatto confusione tra attività immobiliare e attività alberghiera, cercando di costruire imperi immobiliari a leva.
Siamo convinti che per ripartire si deve immettere denaro fresco, destinato al ammodernamento delle strutture e la riorganizzazione manageriale dei gruppi.

Quello che non è chiaro però, che cosa c'entri in tutto questo lo Stato e un gruppo privato, che se va bene riuscirà a metter mano a 3 o 4 hotel.
Le società straniere hanno capito molto bene come trovare i soldi per fare le loro operazioni in Italia, utilizzando denari pubblici, che gli attori italiani indeboliti dalla crisi o indifferenti all'investimento nazionale, non vogliono o possono più utilizzare.

Per trovare la soluzione (una soluzione "di larga scala" si deve rispondere alla domanda del perché nessuno investe in Italia (a meno che non utilizzi i soldi pubblici per l'acquisto o la ristrutturazione). 

Non si risolve la questione del "TURISMO" italiano con 4 operazioni, nemmeno con 10, ma ripensando i modelli di business, cambiando le leggi che bloccano la riorganizzazione delle società di gestione, cambiando le norme in materia urbanistica (turistico-alberghiera),  modificando la tassazione, introducendo strumenti moderni per la raccolta dei capitali di rischio, come i fondi comuni immobiliari alberghieri (che in Italia non ci sono mentre all'estero sì).

Non bastano 70 milioni, e nemmeno 100, ma servono dei miliardi al turismo italiano per tornare prepotentemente sul mercato. E questi capitali si possono attrarre cambiando le regole che bloccano gli investimenti.

Il giornale La Repubblica ipotizza che dietro a questa operazione ci sia l'intendimento del Demanio di vendere al Gruppo Forte ""alcuni degli immobili di pregio rilevati dal Demanio, una volta riqualificati potranno essere offerti per la gestione a catene alberghiere. I primi immobili sono già stati individuati a Venezia, Bergamo e nelle province di Verona e Torino, per un valore di 90 milioni di euro"".

In sostanza si tratterebbe di una valorizzazione di immobili pubblici fatta con denaro pubblico che transita per una società quotata estera, anche se ha un nome italiano ma un brand molto british.

Se questo serve a mostrare che si vendono immobili pubblici, mentre in realtà 76 milioni li investe CDP e 90 li incassa il demanio (con Rocco Forte che investe una minima parte dell'equity, e poi chissà cosa otterrà in termini di finanziamento della trasformazione), beh a me interessa poco: è un'operazione di abbellimento dei bilanci che posso perfino condividere.

Tra l'altro il FT scrive:
""The cash injection (nel Gruppo Forte) will in part go towards paying down debt. Rocco Forte Hotels has £105m of net debt and the group’s Sicilian resort has £85m of net debt.

The group was hit by the credit crunch and suffered a 40 per cent drop in turnover. Sir Rocco sold Le Richemont in Geneva and the Lowry in Manchester to help pay off debt.""


Ma se si pensa che questo possa essere il modello per lo sviluppo turistico del Paese, allora dico chiaro quello che penso: NO.
Ma tanto la prova al contrario non è possibile.
Ben che vada fra 10 anni si scoprirà che si sono trasformati alcuni immobili demaniali in hotel (speriamo) funzionanti, con qualche addetto in più e un po' di PIL aggiuntivo, se non sarà PIL sostitutivo rispetto a quello prodotto adesso da hotel obsoleti che nel frattempo si dovranno chiudere.

La strada per lo sviluppo "fisico" del turismo italiano, che pure serve, va affrontata in modo diverso, partendo dalla separazione di proprietà immobiliare e società di gestione, dalla introduzione di contratti di management, dalla revisione della fiscalità del settore, altrimenti avremo aziende che fanno concorrenza con i soldi dello Stato ad altre completamente in mano ai privati.

Si deve fare un'operazione di largo respiro, che coinvolga migliaia di hotel, e che lanci per davvero il turismo.
Di nuovo non capisco perché Federalberghi continui a tacere su questo.











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