Sto leggendo sul giornale di oggi una breve intervista con Arianna Fontana, medaglia di bronzo (una delle tre!) in short track (fondo) a Vancouver.
Parla (male) della squadra azzurra. Ingrata? Sembra che anche tra atleti ed allenatori del fondo ci sia quella italica abitudine di far andare avanti quello che ti è "simpatico", l'amico dell'amico, ... e non badare al solido (chi è il più bravo?).
Proprio ieri a tavola mi raccontavano di ingiustizie simili patite in altri sport da amici e parenti dei miei commensali, come se fosse la norma. Se la meritocrazia non c'è nemmeno nello sport, e (sembra) non c'è nemmeno in ospedale, ecc. ecc. come pretendiamo noi italiani di fare prodotti e servizi che competono sul mercato mondiale?
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