Cari @senatoremonti e @pbersani,
oggi ho perso 4 ore e mezza, in mezzo a 6 consulenti, avvocati e commercialisti per vedere se si può, e se vale la pena di investire in una piccola azienda per salvarla dal baratro cui è destinata e provare (nel senso di fare tutto il possibile) per rilanciarla.
Si tratta di un'azienda artigiana, 7 dipendenti, che fa un prodotto eccellente, ma che la crisi ha messo in ginocchio, perchè debole finanziariamente, con poco know how di vendite e marketing, perchè fornitrice del settore alberghiero, e come sanno i nostri albergatori, il settore va male, perciò non investe, e quindi non compra da aziende come questa.
La domanda è poca, la concorrenza è molta, i prezzi crollano, i margini anche e non si riesce a comprimere i costi generali e di produzione.
Insomma è un cane che si morde la coda.
Crisi, poco turismo interno, hotel che non ce la fanno, e che quindi non investono, perdono appeal e competitività sul mercato internazionale e quindi....
Ma parlando con avvocati e commercialisti oggi ho imparato ancora qualcosa.
Ad esempio che la Riforma del lavoro della Ministra Fornero è stata interpretata dagli imprenditori come un altro nuovo problema e non come una soluzione alle esigenze di flessibilità. E' quello che ci dicono anche i nostri consulenti della CNA.
Sbagliano gli imprenditori? Ed i loro consulenti? Forse... ma a leggere quello che dice oggi un vero esperto sembra di no. Mi spiego: la legge Fornero non ha apportato tutte quelle liberalizzazioni sul mercato del lavoro che ci si aspettava e in più viene interpretata in senso restrittivo dalla magistratura.
Nel corso della discussione, oggi, di fronte ad una ipotesi sollevata da un imprenditore, i legali l'hanno bloccato dicendo che non se ne parlava, perchè ci sono leggi e procedure che non permettono quello ipotizzato in quella proposta. Sarà, ho pensato, ma se c'è un accordo... NO, mi hanno spiegato, perchè sarebbe un accordo nullo, in quanto la legge del lavoro dice....
Ecco che questa rigidezza, che ogni consulente del lavoro conosce, porta poi a non avere lavoro, nessun tipo di lavoro.
Poi trattando della procedura per rilevare il ramo d'azienda e salvare il salvabile, ecco sorgere mille problemi, cavilli e difficoltà di cui avvocati e commercialisti devono tener conto per evitare che un domani un giudice possa interpretare, pensare o prendere decisioni contro chi oggi, in buona fede, fa un investimento e spera di riceverne un ritorno.
Per rilanciare l'attività si dovrà gioco forza rivolgersi all'estero, lo spiegavo prima, perchè il mercato interno dei lavori negli hotel è stagnante, e la concorrenza abbatte i margini: non vale la pena lavorare.
Ma per lavorare all'estero avremmo bisogno di un Euro un po' più debole, invece anche oggi è ai massimi. Ed anche questo ci fa scontrare con una concorrenza mondiale molto agguerrita, fatta di cinesi e indiani, ma più vicino anche turchi e egiziani.
Per lavorare all'estero abbiamo bisogno di tecnici e venditori che sappiano le lingue, ed invece i lavoratori di quest'azienda sanno appena appena un po' di inglese, sono giovani, attorno ai 30anni, ma la scuola non gli ha dato quella preparazione di base che oggi serve.
Ci si presenta una strada tutta in salita, gli imprenditori si guardano e chiedono, chi ce lo fa fare? anche perchè stanno pagando rateizzato un importo veramente importante all'Agenzia delle Entrate, per la contestazione (chiusa bonariamente) basata sugli studi di settore. Hanno venduto tre appartamenti per pagare quella multa. Non che non avessero mai fatto del "nero" (sembra che quasi tutti lo facciano) ma quanto contestato era 10 volte il nero effettivamente nascosto al fisco. Per questo, scottati, tengono in piedi solo attività che hanno marginalità e utili robusti, che non rischiano di finire sotto la lente degli studi di settore. Tutto il resto viene chiuso. E' una bella pulizia razionalizzatrice, però... attività non brillanti, che danno lavoro a qualche dipendente spariscono.
Così si è finiti a parlare del redditometro, che è simile allo studio di settore, e delle "retate" fatte presso hotel di lusso (potenziali clienti) dalla GdF che non facilitano certo la vendita di servizi e beni agli hotel.
E' tutto un clima che è contrario agli investimenti. Anche le banche sono un altro problema.
Bill Emmott che ho conosciuto qualche settimana fa a Firenze ad un convegno del ProgettoRENA proprio oggi scrive:
"Su La Stampa, il 4 dicembre avevo posto sei domande al signor Bersani,
intese ad accertare se egli comprende veramente la natura dei problemi
dell’Italia. Perché pensa che la crescita economica in Italia sia stata
così lenta? Come si creano posti di lavoro? Perché tanti italiani
emigrano? Capisce la responsabilità della sinistra per la distruzione
della meritocrazia?"
Le domande si possono fare a Bersani, ma secondo me anche a Monti, Berlusconi, e a tutti quelli che si sono succeduti al governo, o ci andranno.
La domanda centrale è: come si creano i posti di lavoro?
Oggi i posti di lavoro nuovi, o il savataggio di quelli vecchi, si possono fare solo con nuovi investimenti. Gli investimenti richiedono un ROI (Ritorno). Tutto quello che crea incertezza, e rischia di ridurre la redditività, blocca l'investimento. Ogni costo (perfino i 7 euro spesi per il parchimetro in centro a Bologna a 2,60 € all'ora) riduce il margine ed è decisivo per far pendere la bilancia verso il sì o il no.
Alla fine qualcuno ha tirato fuori il coniglio.... ma perchè non poniamo, legalmente, la società in un altro stato della UE? Dove? I nomi che sono saltati fuori sono Serbia, Malta, Austria, Londra.... insomma ovunque purchè non sia Italia.
Ecco, porteranno la società nello stato di Ovunque, purchè le cose siano semplici e non ci siano sorprese. Si possa cacciare chi non lavora (senza rischiare di pagargli 24 mensilità, e di avviare processi di fronte a giudici creativi) e si possa premiare chi è bravo (senza che questo comporti un aggravio fiscale per il lavoratore), si paghino poche tasse, e ci siano infrastrutture funzionanti.
Di porre la sede in una regione del sud non se n'è proprio parlato. Chissà perchè.
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