Se non lo fanno anche quei pochi che sono positivi si demoralizzano.
Però non possono (almeno nel privato delle conversazioni a quattro occhi, con i consulenti più stretti e fidati) nascondersi la verità, e prendere decisioni conseguenti.
Parto dal dato degli investimenti diretti, che apre il discorso sugli investimenti in hotel e strutture turistiche.
Questo grafico è stato tuittato da Maurizio Sgroi
La linea nera, che rappresenta il saldo tra quanto gli italiani investono all'estero e quanto gli stranieri investono in Italia è sempre positiva, vuol dire che sono più i capitali che lasciano l'Italia di quelli che vi entrano.
In particolare, a me preme sottolineare qui il fatto che nonostante ci siano hotel chiusi il cui valore si approssima allo zero, sono pochissime le operazioni di acquisizione che si chiudono positivamente, e queste riguardano gli hotel di alto livello, di nicchia, riservati a grandi investitori del Golfo o dell' Oriente.
Considero questo un segnale della lunga strada che il turismo italiano deve ancora fare, per mettersi in sintonia col mercato.
Elena Curnis, che conosco ed apprezzo, intervista un big del Real Estate, il dott. Keller.
Il dott. Keller, dopo una lunga esperienza in Generali, è Direttore italiano di una organizzazione francesce che ha in proprietà 63 alberghi, di turismo ma soprattutto di Real Estate legato all'alberghiero se ne intende.
Che cosa dice il dr. Keller che noi non già sappiamo: nulla, anche perchè di queste cose abbiamo avuto modo di parlerne in svariati incontri molti amichevoli. Infatti il dr Keller la pensa esattamente come me, e come il 99% degli esperti italiani.
Meraviglia che ministro, assessori regionali, sindaci non tengano conto di questo.
1) I costi di gestione in Italia sono troppo alti. E comprimono il margine che resta per l'investitore.
2) I fatturati delle strutture alberghiere sono troppo bassi, così capita che l'affitto che la gestione paga alla proprietà rappresenti spesso il 22-25% del fatturato, quando la media dovrebbe attestarsi tra il 16 e il 18%.
3) Una delle ragioni per cui questo accade, è che le strutture sono piccole e absolete, con costi di personale e di energia troppo alti.
4) Strutture troppo piccole non sono adatte alla gestione manageriale per cui i fondi di investimento non possono comprarle.
Termina il dr. Keller:
Si iniziano a vedere delle opportunità, si cominciano a sbloccare delle operazioni; oggi il mondo bancario, tutti i crediti incagliati, il mondo delle assicurazioni e gli stessi privati, iniziano a ragionare su cessioni di edifici a destinazione alberghiera, non solo in una logica di gestione dell'immobile nello stato di fatto in cui è, ma anche di ripensamento della struttura.
E' qui che il pubblico deve intervenire, come - mi permetto di dire - ripeto da almeno un decennio.
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